Da qualche settimana è disponibile con la Repubblica la collana “Maestri di fotografia“, una serie di volumi nei quali Mario Calabresi racconta i grandi fotografi che hanno fatto la storia del XX secolo.

Ho letto ad inizio febbraio l’intervento di Smargiassi a commento del volume su Paul Fusco e del racconto di quel reportage, primo nel suo genere, che diede poi alle stampe il libro RFK Funeral Train.

Si tratta infatti del celebre servizio che Fusco fece per conto del magazine Look, in occasione del trasferimento del feretro del senatore Robert F. Kennedy da New York a Washington nel 1968.

Nel racconto di Smargiassi sono stato catturato da due passaggi, due concetti, che spesso affrontiamo quando si parla di fotografia di famiglia e che rappresentano a mio parere un ottimo modo per esprimere e sottolineare l’importanza della fotografia documentaria:

…viaggiò fra due ali di folla, muta, piangente, vestita così come la notizia l’aveva sorpresa: bambini, suore, operai, bianchi, neri, contadini in salopette di jeans, ragazze con la gonna a palloncino, famiglie intere schierate sull’attenti in ordine di altezza, tutti accorsi lasciando il lavoro, il riposo, il giardino […] duemila volti di un funerale unico al mondo, uno dei fotoreportage più celebri, intensi, indimenticabili del Novecento: e forse significa che la fotografia, dopo tutto, non è buona quando somiglia a un dipinto, ma quando somiglia allo spirito di un momento.”

Il primo concetto: sii te stesso, così come sei. Spesso ci sentiamo chiedere “ma come dobbiamo vestirci?” oppure “ma poi cosa dobbiamo fare?” e via dicendo. Interrogativi che non solo le famiglie, ma anche i fotografi che si cimentano nella fotografia documentaria, si pongono.

Fotografia di famiglia in Olanda, letture della buona notte

Noi diciamo sempre: sii te stesso, vivi la tua giornata, io sono qui con te per raccontarla così come si srotola.

Il secondo concetto: senza nulla togliere ai tecnicismi della foto in studio, quando una fotografia è una rappresentazione astratta della famiglia (un dipinto) forse, dopo tutto, non è tanto buona quanto una che coglie quel momento, quell’emozione, quella piega che solo la vita vera dona.

Il reportage famigliare racconta e documenta le storie che ogni giorno vivi. Storie che nascono da un incontro tra persone, storie che nascono da gesti, storie che nascono da avvenimenti. Storie.