Ho conosciuto Emma l’anno scorso in occasione del compleanno della primogenita Matilda. Durante l’inverno sono venuta a conoscenza che era nuovamente in dolce attesa e le ho proposto un servizio fotografico in sala parto per documentare la giornata della nascita che a grandi linee era prevista per metà aprile. Apriti cielo! Emma è rimasta fin da subito entusiasta tanto che ha cominciato a raccontarmi che durante la nascita di Matilda il suo compagno si era cimentato nell’ardua impresa di fare qualche scatto durante il parto ma che alla fine il risultato, nonostante le belle immagini, aveva una lacuna incolmabile: come sempre chi scatta le foto non viene fotografato. Un dettaglio non da poco in un evento come la nascita di un figlio durante la quale il compagno magari da sostegno piuttosto che mettersi dietro una macchina fotografica.

Insomma è la tipica situazione nella quale nel fare due cose contemporaneamente finisce irrimediabilmente per farle male entrambe.

Quattro mesi passano veloci e la data presunta del parto ormai era dietro l’angolo. Non nascondo che l’attesa indefinita del giorno fatidico ha avuto come sempre dei risvolti a doppio taglio, da un lato l’eccitazione dell’attesa vissuta insieme ad Emma, dall’altro la tensione nervosa dell’incognita del quando, con lo zaino fotografico sempre pronto, batterie cariche, insomma tutto il nécessaire per il servizio sempre con me.

Il giorno della nascita di Alana arriva con una telefonata nel cuore della notte, sono le 5 del mattino quando Emma mi chiama dicendomi che le doglie erano iniziate e che si preparava ad andare in ospedale. Arrivo in ospedale di gran carriera e mi tocca cimentarmi in un’autentica maratona per i corridoi dell’ospedale, un labirinto che nemmeno Dedalo sarebbe stato in grado di concepire.

Una volta arrivata in sala parto scopro che sfortunatamente visto l’orario, la baby sitter è risultata irreperibile e questo ha costretto il papà a rimanere fuori dalla sala parto insieme con la prima figlia. Il parto in se è stato estremamente rapido, ma intenso e dopo nemmeno 20 minuti Emma ha potuto stringere a se Alana per la prima volta.

Stranamente il momento che più mi ha segnata di questo servizio fotografico in sala parto non è stato il momento effettivo del parto ma bensì quando Emma mi ha rivolto la parola mentre veniva portata in sala operatoria per la rimozione della placenta: “non perderla mai di vista!”. Con quelle poche parole ho capito quanto era diventato profondo il nostro legame, quanto si fidava di me. Non ero più solo la fotografa, ero parte della sua famiglia.

Emma durante le contrazioni

Un dettaglio della mano di Emma durante il parto

Un assistente tieni la mano ad Emma durante una contrazione

Il papà si affaccia alla porta e capisce che tutto è andato bene

Finito il parto finalmente riuniti tutti e quattro

Il papà tieni in braccio per la prima volta la sua piccola