Edwige Guiebre

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Edwige Guiebre leggendo un libro per i bambini

Mi chiamo Edwige Guiebre e sono nata ad Adjame il 17 agosto 1988 da genitori burkinabè. Dal Burkina Faso, all’età di dieci anni mi sono trasferita con tutta la famiglia in Italia, a Pavullo nel Frignano. Sono la seconda di quattro figli, ho due sorelle e un fratello. 

Ho frequentato tutte le scuole a Pavullo, per poi proseguire il mio percorso di formazione al Dipartimento di Educazione e Scienze Umane. Il 14 novembre 2018 mi sono laureata Educatrice di nido e dei servizi per la prima infanzia. 

Il 13 dicembre dello stesso anno ho iniziato a lavorare come supplente nelle scuole. É da questa esperienza che è nato il desiderio di scrivere “La tata marrone”. 

Quello dei bambini è un mondo magico, pieno di colori e l’interazione con i bambini è stata indubbiamente positiva. 

Dall’altra parte però mi sono trovata in un ambiente che sembra non essere pronto all’inclusione. 

É un ambiente dove vige ancora la concezione che a ricoprire certi ruoli debbano essere esclusivamente persone di certe categorie, in altre parole bianche. Eppure la presenza massiccia di bambine e bambini stranieri nelle scuole e nei servizi per la prima infanzia è evidente ed è in continua crescita. 

Poi c’è quel senso di spaesamento e incertezza che la diversità ancora genera in alcuni. É una riflessione che mi è sorta spontaneamente, trovando pericoloso che i figli degli immigrati possano recepire il messaggio che solo persone bianche possano ricoprire certi ruoli. 

Invece vorrei che gli arrivasse forte e chiaro un altro messaggio: che anche loro, a prescindere dal colore della loro pelle o dal luogo di provenienza dei loro genitori, possano arrivare a ricoprire certi ruoli, se si applicheranno con tenacia e costanza. 

Il sogno di insegnare è molto frequente nei bambini della prima infanzia, e vedere persone nelle quali potersi immedesimare è importante, come anche sentirsi rappresentati attraverso figure di riferimento che gli assomiglino. 

Il mio lavoro di educatrice mi piace un mondo perché mi consente di stare a contatto con i bimbi per tutto il giorno. Fare un lavoro che si ama e per il quale ci si sente portati è una fortuna immensa. 

Il mio racconto scaturisce da questa mia esperienza personale, nella quale ho cercato di sfruttare alcuni episodi vissuti in prima persona usando un linguaggio informale, semplice e autobiografico.